Un editore ai tempi del Self-Publishing!

Io editore, mando i miei autori a scuola dai selfpublisher

Oggi come ieri essere un piccolo editore è molto faticoso. A volte la tentazione di gettare la spugna è forte, ma poi non si fa. Perché non è che uno fa questo mestiere per diventare ricco e, spesso, neppure per portarsi a casa uno stipendio. Essere un piccolo editore significa coltivare il proprio lavoro come un agricoltore romantico cura il proprio orto. Con tutto ciò però, non si pagano le bollette. E allora? Come fare?

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“Arrabattarsi” e vendere

In romagnolo c’è un verbo che in italiano non esiste: “arrabattarsi”. Se la Romagna fosse in California di sicuro sarebbe una parola di tendenza, di quelle che diventano virali sulla rete. E invece siamo qua, tra Faenza, Lugo, e Forlì e questa parola profuma ancora di zolla. Insomma un piccolo editore deve arrabattarsi per fare il suo mestiere cioè se ne deve inventare una nuova tutti i giorni. E anche se è bello pubblicare questo e quello, vedere un giovane scoprire la propria vocazione di romanziere o quella del saggista in una persona più anziana, alla fine le bollette sono da pagare e i diritti d’autore anche.
Per farla breve: se uno vuol fare l’editore, piccolo o grande, i libri li deve vendere. Perché è questo il mestiere dell’editore nella sua essenza: vendere i libri che decide di pubblicare. È una affermazione che profuma poco di cultura, ma un editore romantico deve saper far questo per continuare a esistere. Ma come si fa a vendere oggi ai tempi di Internet e di quelle diavolerie degli ebook?
La risposta, per me, è semplice: non lo so.
“Come non lo so?, cosa ci vieni a raccontare allora”, sento già i miei ventique lettori animarsi laggiù, dietro il loro programma di posta elettronica, mentre scorrono questa pagina come se fosse un'email.
Ripeto: non solo non so la risposta di come si fa a vendere i libri ai tempi di Internet e degli ebook, ma diffido di tutti coloro che dichiarano di saperlo. Internet è diventato il luogo degli esperti. Di quelli inventati che sono indistinguibili da quelli veri. È la mia anima contadina ancora collegata alle zolle profumate della mia terra a farmi diffidare. I contadini sono tra le persone più diffidenti che ci siano in giro, ma quando si convincono di qualcosa diventano altrettanto testardi nel perseguirla.


Un editore e il self-publishing

E io ero (molto) diffidente quando Mauro Sandrini, ormai due anni fa, mi propose di pubblicare il suo Elogio degli e-book. Manifesto dell’autopubblicazione.
“Questo è pazzo”, ho pensato. Non solo viene da me a propormi un’opera su quelle cose brutte che sono i libri elettronici, ma addirittura con quel sottotitolo infame che richiama l’auto pubblicazione, l’autoproduzione, un’autarchia velleitaria e più sinistra che di sinistra.
“Perchè lo vuoi pubblicare con me gli chiesi?”, la risposta fu disarmante:
“perchè voglio che il mio libro venga criticato per quel che è e non per la forma. Oggi un libro sull’autopubblicazione che sia anche autopubblicato non sarebbe preso sul serio”. Aveva ragione. Non erano ancora arrivati i successi americani dei selfpublisher che vendono milioni di copie su Amazon grazie agli ebook e, il selfpublishing ora di moda, era snobbato da tanti - me compreso - tranne pochissimi specialisti.
Non so perché, ma ho deciso di pubblicarlo. Il primo libro e il primo ebook della mia casa editrice. La ragione stava più nella matrice culturale comune con l’autore che in ragioni editoriali. E poi… giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, man mano che il tempo passava ho visto questo libro che finiva nelle classifiche di settore, che diventava un punto di riferimento per chi volesse capire cosa succedeva nel mondo dei libri. E io che, pian piano, cominciavo a capire che il mondo degli ebook poteva essere una opportunità anche per un piccolo editore come me. Un piccolo fazzoletto di terra che se adeguatamente coltivato poteva produrre soddisfazioni per me e per i miei autori.

Un editore può essere innovativo solo se lo sono i suoi autori

E piano pian piano la mia casa editrice ha cominciato a incamminarsi sulla strada dell’innovazione. Dopo Sandrini sono arrivati nuovi autori che mi stanno conducendo lungo percorsi che non avrei mai immaginato. E sono autori cui trasferisco quel che ho imparato dalla promozione dell’Elogio degli e-book.
L’altro giorno, quando è venuto da me Sandrini e mi ha proposto di partecipare al workshop sull'autopubblicazione che organizza con quei pazzi suoi colleghi del Self Publishing Lab, ho pensato: “no davvero, a questo qui gli manca qualche rotella”. E poi abbiamo cominciato a ragionare. E mi ha spiegato perché, secondo lui, aveva senso per me partecipare, ma sopratutto lo aveva per i miei autori.
“La ragione principale è che oggi con gli ebook non c’è più un unico modo per vendere i libri, ce ne sono tanti, troppi anzi, e non puoi fare tutto da solo. La cosa migliore è sviluppare alleanze positive con gli autori che almeno un po’ fanno da sè. Chi di loro ci riesce vuol dire che ha trovato una sua strada particolare. Una strada da cui tu e gli altri tuoi autori potere imparare e costruire la vostra.”
Insomma. Io sono testardo, ma lui lo è almeno quanto me. Come due contadini. E quando due contadini romagnoli cominciano a discutere possono litigare per anni, arrivando a forme di faida che sono vere e proprie guerre latenti (in dialetto si dice che due famiglie sono in questo stato con "ié curz"), oppure possono iniziare a collaborare. In una forma che è quella dell’amicizia. Un’amicizia interessata, però.  Perché un contadino sa sempre quello che gli conviene e quel che non gli conviene.


Mi conviene che i miei autori siano innovativi, ecco perché glieli mando!

Ho pensato che mi conviene mandarglieli i miei autori all’evento di Sandrini. Anche perché questa cosa del self-publishing è una cosa seria. E osteggiarla mi sembra stupido. Imparare qualcosa dai self publisher, invece, mi sembra più saggio. É vero che già oggi uno scrittore potrà assumere su di sè tutti gli aspetti tecnici della produzione e della pubblicazione di un libro. Ma non è che mica tutti sono come Sandrini! Uno che dentro è rimasto contadino, ma poi è un po’ programmatore, un mezzo ingegnere e tre quarti di sociologo!
Qualcuno che diceva che la somma è più delle parti. Io penso che se i miei autori imparano ciascuno ad autopromuoversi almeno un po’ come fanno Sandrini e i suoi colleghi l’effetto sulle vendite che ne otterrano sarà di più di quello che ciascuno può fare da sé. E questo proprio perché l’editore (io!) con il suo catalogo e la sua identità restituisce questa competenza di promozione collettiva a ciascun autore. E alla fine la scelta se pubblicare un libro non sarà più solo mia o solo dell’autore. L’autore che, oggi, nonostante la possibilità del self publishing si rivolge a un editore è bene prezioso da rispettare e da aiutare a crescere. Per quanto è possibile date le economie risicate disponibili. E allora il cerchio si chiude: ciascun autore impara a promuoversi meglio, ma ciascuno di loro ottiene di più da questa attività di promozione se è coordinata da un catalizzatore che ormai per convenzione chiamiamo editore e che sta mutando fisionomia di settimana in settimana.
Alla fine ho deciso: io i miei autori glieli mando. E poi vediamo l’effetto che fa. Con l’Elogio degli e-book è andata bene, con i prossimi libri self-published vedremo.

firma

Appuntamento a Marina Romea, 15 giugno 2012!

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