Intervista a Sara Malaspina, autrice di "La giustizia non può attendere"


Sara Malaspina ci descrive il suo processo di scrittura e racconta la sua vocazione per la giustizia.

Sara Malaspina, nata a Fermo nel 1984, è filosofa, insegnante e studiosa impegnata sui temi legati alla criminalità organizzata, giustizia, minori, carcere. Collabora con l’Associazione culturale Demos e il Laboratorio di Sociologia clinica.

Per Homeless Book ha già pubblicato «Conoscere per riconoscere - La criminalità organizzata nelle Marche» (2019), un libro nato con lo scopo di diffondere e approfondire la conoscenza delle mafie e la loro espansione in aree non tradizionali del Centro-Nord Italia

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Nel 2021, Sara Malaspina torna con un nuovo saggio incentrato interamente sull'aspetto della giustizia ai tempi del Covid-19. «La giustizia non può attendere» è un lavoro attento e approfondito, che sfrutta la lente della Costituzione e che vede nella giustizia sociale un'alternativa alle disuguaglianze innescate dalla pandemia tra i diversi gruppi sociali

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In occasione dell'uscita del libro, abbiamo intervistato l'autrice per scoprire di più sul processo di scrittura dei suoi lavori e sulla sua vocazione alla giustizia.

Intervista a Sara Malaspina, autrice di
«La giustizia non può attendere»



Come è nato «La giustizia non può attendere»? C'è stato un evento in particolare nell'anno di pandemia che ti ha portata a scrivere il saggio o era un'idea che avevi già da tempo?

Era ”necessario” scriverlo. Nasce dal dolore per la giustizia che manca. Sono rabbiosa mentre penso alle persone disperate per troppa disuguaglianza, per le sofferenze e le illegalità generate da un sistema di potere infetto. C’è stata poi l’emergenza carceri che mi ha sconvolto. È un tema che mi appassiona tantissimo e ho sentito l’ansia di capire meglio cosa stesse succedendo. Potrei dire che ho vissuto la clausura domestica come un tempo di riposo da me stessa e dalle amarezze che stavo affrontando. Ne ho fatto un tempo di pensiero e di raccoglimento. L’uso migliore per me. 

Come è stato diverso il processo di scrittura per «La giustizia non può attendere» da quello per «La criminalità nelle Marche»?

Sono testi divulgativi. Diversi tra di loro ma entrambi oggetto di ricerca accademica e di esperienza di vita. Sono una filosofa del diritto che ha allargato il suo raggio di interesse all’ambito della ricerca sociale, sul quale ho scritto il primo rapporto sulle presenze della criminalità organizzata nelle Marche. Tratta una tematica poco studiata, con un approccio storico e sociologico

Il recente saggio, invece, è una riflessione filosofica –giuridica su alcuni temi del dibattito contemporaneo. Direi una sorta di ricomposizione di me stessa. In questo senso, una riflessione etica sull’idea di giustizia integra quella precedente di legalità, intesa come soggezione alla legge per assicurare libertà, uguaglianza e giustizia a tutti

Oltre alla giustizia sociale come risposta alle disuguaglianze innescate dall'anno di Covid-19, cosa lega il tema della giustizia a quello della pandemia? 

Sullo sfondo dell’emergenza attuale, avvertiamo oggi attorno a noi un pericoloso tentativo di restringere l’area dei diritti e delle libertà previsti dalla Costituzione

Ritieni che il libro avrebbe avuto lo stesso valore anche in un contesto diverso da quello attuale? Potrà continuare a guidarci anche quando (speriamo presto) riusciremo a uscire dalla pandemia, e in tal caso, come?

Serve a riflettere sul proprio tempo. Indico che cosa sono la democrazia, la libertà, la solidarietà, il diritto e l’uguaglianza. I problemi possono cambiare, ma le idee continuano a valere. C’è la lezione dei classici. La vita non è uno scherzo. Sarebbe bene che non lo dimenticassimo. Auguro ai giovani di sentire la bellezza di un ideale e di farne un motivo di vita, di energia e di coraggio

Qual è il ruolo della Costituzione all'interno del saggio? Come l'hai utilizzata per aiutarti a spiegare i concetti espressi al suo interno? 

La Costituzione è un punto di riferimento sicuro. Ci consegna un ideale democratico di giustizia. Lo diceva Antonino Caponnetto: “(…) non è un pezzo di carta, che qualcuno oggi vorrebbe gettare via come carta straccia, ma è un pezzo di vita. È un insegnamento di vita; è la vita di tutti i giorni”.

Averne coscienza, mi ha permesso di combattere, di avere rispetto per la dignità personale, di non chiedere raccomandazioni ma di coltivare l’etica della fatica. Di essere quel che sono. Trovo che sia profondamente importante farla conoscere e farla amare

Uno dei punti di forza dei tuoi libri è l'uso di un linguaggio semplice anche per trattare temi che appartengono di solito a personalità come sociologi e giuristi. Cos'altro si può fare per avvicinare argomenti simili anche al "grande pubblico"?

Non a caso, sono una persona semplice e schietta. Ho in me il valore della culturaquella di tutti, non quella elitariaessenza stessa della democrazia. Motivo per cui credo che la stessa filosofia possa essere insegnata ai bambini. Come avvicinare stampa e media non saprei dirlo. Io mi limito a fare il mio lavoro.

Ultima domanda, ma non per importanza. Hai definito la giustizia "stella polare" della tua vita. Come e quando è diventata la tua guida?

Fin da bambina. Ce l’ho nel sangue. Sono cresciuta in una famiglia socialista della Cgil, poi ho studiato filosofia per bisogno di conoscere e di comprendere. Studiare mi ha sempre sorretta. 

E la Giustizia, come l’Amore, danno senso alla mia vita

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Ringraziamo ancora Sara per averci concesso quest'intervista!


Di Mentana Baragli