Novità dal mondo dell'eBook #09

Da Harvard il primo ebook tradotto in Dna.

Come conservare i libri digitali?

Da Harvard il primo ebook tradotto in Dna

Risale ad agosto la notizia che un'equipe di scienziati della Harvard University, guidata da George Church, ha trascritto con successo un testo di 53.426 parole su filamenti di Dna. “Volevamo qualcosa che rappresentasse i tempi moderni, quindi abbiamo usato una versione HTML del libro” spiega Church. Il libro in questione è una ricerca di cui egli stesso è co-autore, intitolata Regenesis, della quale sono state codificate e archiviate ben 70 miliardi di copie. Per comprendere appieno la portata rivoluzionaria di questo esperimento, basti pensare che la totalità delle informazioni presenti al mondo (che ammonta a 1.8 zettabyte) potrebbe essere immagazzinata in appena quattro grammi di Dna.


Il libro, dapprima tradotto in codice binario, è stato poi trasformato in codice quaternario per adattarlo alle 4 basi che compongono il Dna, suddiviso in piccoli blocchi contenenti le istruzioni per riassemblarlo e infine spruzzato su un chip di vetro utilizzando una stampante a getto d'inchiostro. “Perché fare 70 miliardi di copie del libro? Oh, è stato solo per divertimento – scherza Church – Abbiamo calcolato che il totale delle copie dei 200 libri più popolari di tutti i tempi, inclusi La Bibbia e Racconto di due città, ammonta a circa 20 miliardi. E così abbiamo pensato di dover andare ben oltre quella cifra”. Il procedimento è ancora ben lontano dal poter essere utilizzato su larga scala; per passare dalla versione digitale a quella biologica ci sono voluti diversi giorni e ancora più lungo è stato il processo di ritorno. Un libro così conservato, tuttavia, potrebbe mantenersi intatto per oltre 400.000 anni, indipendentemente dalla temperatura e dal luogo in cui si trovi.
Allo stato attuale delle cose, soluzioni come questa restano pura fantascienza; i libri elettronici, se confrontati con quelli cartacei, devono ancora fare i conti col problema della conservazione. Con l'acquisto di un libro entriamo in possesso di un oggetto fisico che, una volta letto, può essere riposto sullo scaffale e consultato in qualsiasi momento, senza limiti di tempo. Ma si può dire lo stesso dei libri digitali? Sebbene attualmente i negozi online si impegnino a conservare gli ebook acquistati sul proprio server per permettere agli utenti di di effettuare un nuovo download all'occorrenza, non possiamo essere certi che tra dieci anni quel tale negozio esisterà ancora, mentre è altamente probabile che il nostro libro in volume sia ancora là dove l'avevamo lasciato.


Ultimamente si parla molto di cloud computing, ovvero della possibilità per gli utenti di archiviare i propri dati in rete, piuttosto che su un supporto fisico. Per quanto tali servizi offrano maggiori garanzie (è difficile, ad esempio, che Google e il suo Google Drive, scompaiano nell'immediato futuro, ma purtroppo non possono dire lo stesso gli sfortunati utenti di Megaupload, i cui file sono diventati inaccessibili da un giorno all'altro), generano tuttora una buona dose di perplessità; persino Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, ha fatto di recente alcune controverse dichiarazioni al riguardo: “Io dico che più cose trasferiamo sul web, sulla cloud, e meno controllo avremo su di esse”.


Volendo analizzare il problema da un punto di vista tecnico, invece, le difficoltà connesse alla preservazione del patrimonio culturale digitale sono essenzialmente tre:

  1. Il deterioramento dei supporti fisici su su cui i testi sono conservati (CD, DVD, hard disk ecc.)
  2. L'obsolescenza dell'hardware necessario all'esecuzione e alla decodifica di questi supporti (lettori, computer)
  3. L'obsolescenza del software utile alla produzione e all'interpretazione di tali materiali (sistemi operativi, programmi)

Svariate sono le strategie studiate negli ultimi anni per far fronte a questi problemi, ma ciascuna presenta dei limiti evidenti. Sebbene non esista una tecnica in grado di garantire risultati ottimali, è possibile sviluppare delle soluzioni complementari che ne migliorino l'efficacia e agiscano in via preventiva sulla produzione di documenti elettronici. Esistono infatti delle linee guida per agevolare la preservazione degli oggetti digitali; si dovrebbe innanzitutto prestare attenzione a favorirne l'interoperabilità attraverso l'utilizzo di formati standard aperti che, seppure soggetti a cambiamenti, assicurano un grado maggiore di portabilità. Inoltre, sarebbe buona norma impiegare metadati, perché garantiscano una corretta trasmissione nel tempo di tutte le informazioni relative al documento in questione, attraverso tutti i successivi passaggi tra piattaforme hardware e software via via più evolute. Infine, bisognerebbe prendere le dovute precauzioni (copia di file su supporti più nuovi e ricodifica di questi per renderli compatibili con il nuovo hardware e software) affinché si disponga sempre di un apparato tecnologico aggiornato e quindi meno vulnerabile a deterioramento e obsolescenza.
Benché presentino non pochi problemi, anche lo storage e la distribuzione in rete di oggetti digitali possono essere valide alternative all'immagazzinamento su supporti portatili. Le biblioteche digitali e gli archivi aperti, a differenza delle librerie online, sono piattaforme preposte esclusivamente alla preservazione di documenti elettronici e dimostrano che anche l'archiviazione sul web, se operata con criterio e sistematicità, può dare risultati soddisfacenti.


Insomma, finché la codifica su Dna non sarà alla portata di tutti, dovremo accontentarci di procedure più 'primitive' per conservare i nostri ebook!


Sara Basciani @cabinablu